Bilal: Viaggiare, lavorare, morire da clandestini by Fabrizio Gatti

Bilal: Viaggiare, lavorare, morire da clandestini by Fabrizio Gatti

autore:Fabrizio Gatti [Gatti, Fabrizio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: bilal, viaggiare, lavorare, morire, clandestini, fabrizio, gatti
editore: BUR
pubblicato: 2011-01-13T23:00:00+00:00


Il comandante conosce bene quale dei due sentieri porta al mare. I rovi di spine si diradano davanti a una mezzaluna di sabbia bianca. L’acqua, distesa dal vento che soffia da terra, è una tovaglia piegata qua e là da qualche onda solitaria. Il sole si è da poco spento dentro un cielo carico di nuvole gialle. Le prime stelle della sera appaiono e scompaiono nelle rare macchie di cielo sereno. Khaled dice che sta arrivando una tempesta di sabbia dal Sahara. «Il tempo meglio amichevole per partire» sussurra storpiando un po’ l’italiano, «con il vento in poppa arriverete in Sicilia senza motore.» In Sicilia però questo è scirocco. E il tempo che porta non è per niente amichevole.

Una cima di nylon legata attorno a un sasso trattiene lo zodiac vicino alla riva. I passeggeri aspettano seduti sulla spiaggia che faccia completamente buio. Sono tutti tunisini, non devono nascondersi. Khaled alla fine si è accontentato di mille euro. Li voleva subito in contanti. «Khaled, non ho mille euro con me.» E lui: «Se non mi paghi prima, chi mi garantisce che me li manderai dall’Italia?». «Non ci sono alternative. Facciamo così: ti tieni in pegno la macchina, il bagaglio, i miei documenti. Li devo per forza lasciare qui. Io porto con me la chiave. Quando tornerò in Tunisia a riprenderli, ti pago.» La proposta lo convince. È la garanzia migliore per verificare quanto il comandante si fidi di questi suoi amici. Se non fosse sicuro di rivedermi vivo, non mi lascerebbe andare senza aver prima incassato.

Il sentiero sforna un continuo viavai di ragazzi. Si salutano con abbracci e pacche sulle spalle. Non si capisce più chi parte e chi resta. Lo zodiac, sostiene Khaled, alla fine dovrebbe caricare quindici persone. E ce ne sono almeno il doppio. Basterebbe contare i sacchetti di plastica con bottiglie d’acqua, pane, scatole di sardine, biscotti. Ma qualcuno ne ha due. Qualcuno è senza. Un uomo con bermuda blu e canottiera rossa entra nella barca. Annuncia qualcosa in arabo e si mette a maneggiare intorno al motore. «Vai. Arrivederci» dice Khaled e continua a parlare con i suoi amici. Lo zodiac respira con il ritmo lieve di un’onda che arriva da lontano. È una brutta copia della marca famosa ovunque. Sedersi qui dentro dà i brividi. Il cuore batte rapido. Un sospiro senza fine attraversa lo stomaco. La mente vuole partire al più presto. E vigliaccamente sussurra a se stessa che almeno il passaporto è quello giusto. Che comunque vada il viaggio, non esiste pericolo di dover ripetere questa follia.

L’Africa galleggia davanti alla prua. Salgono gli altri. Ancora non si capisce quanti siamo. Se la barca è sovraccarica, non è un problema. Ci si alza in piedi, si saluta e si scende. Siamo a nove. Per ora. Nove passeggeri. L’uomo con la canottiera dà uno strappo al cavo dell’accensione. Il motore gorgoglia e si spegne. Lui grida. Di solito si prova ad accenderlo una seconda volta. Una terza. La quarta. Finché non parte. Invece l’uomo grida come un pazzo.



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